Il 2 gennaio 1939, Louis Jacques Mandé Daguerre (1787-1851) realizzò la prima fotografia della Luna. Ovviamente, in forma di dagherrotipo: scopriamo di cosa si tratta
Il dagherrotipo è stato il primo processo fotografico di successo commerciale nella storia della fotografia dal 1839 al 1860: prende il nome dall’inventore Louis Jacques Mandé Daguerre e ogni dagherrotipo è un’immagine unica su una lastra di rame argentato.
A differenza della carta fotografica, un dagherrotipo non è flessibile ed è piuttosto pesante, ma preciso, dettagliato e nitido. Ha una superficie a specchio molto fragile e poiché la piastra metallica è estremamente vulnerabile, la maggior parte dei dagherrotipi sono presentati in un alloggiamento speciale.
Infatti esistevano diversi tipi di custodie: un modello aperto, una custodia pieghevole, gioielli etc.. Erano molto costosi e al tempo solo i ricchi potevano permettersi di farsi fotografare.
I dagherrotipi in Europa non sono molti, sono sparsi in collezioni istituzionali e private di tutto il mondo: molti aspetti del dagherrotipo devono ancora essere scoperti. Possono aiutarci a comprendere l’impatto della fotografia sulla storia sociale e culturale dell’Europa.
Il dagherrotipo: la sua nascita, come funziona e perché si chiama così
Ci furono delle controversie in passato su chi fosse il vero padre della fotografia, il fisico inglese William Henry Fox Talbot, che si avvicina di più all’idea che abbiamo ora della fotografia, cioè una matrice che può essere impressa infinite volte.
Il dagherrotipo viene presentato in tutto il mondo come scoperta importantissima, fino al 1840 che grazie a Macedonio Melloni, durante una relazione all’Accademia delle Scienze di Napoli, viene presentato anche in Italia (il 12 Marzo).
Da qui ha inizio uno degli strumenti più importanti per raccontare la storia: nata da uno strumento relativamente antico, si evolve anno dopo anno, seguendo l’evoluzione scientifica, verso lo strumento principale per la narrazione della storia umana.
Figlia della cultura del mondo, la storia della fotografia è in continuo cambiamento, paese dopo paese assorbe sempre novità e metodi diversi, fino a far diventare la luce la penna per disegnare.
Il dagherrotipo è il primo esempio fisico di apparecchio fotografico, inventato da Louis Jacques Mandé Daguerre, era composto da due scatole di legno che scorrono una dentro l’altra per la messa a fuoco, una fessura per inserire la lastra di rame sul retro e un obiettivo frontale, creato con vetro e ottone.
Il dagherrotipo, la prima macchina fotografica della storia, è lunga ben 26,7cm chiusa, estendibile fino a 50,8cm.
La lente è un vetro convesso di 406mm di lunghezza focale, con un diametro di 83mm.
La luce che entrava logicamente era minima (f/16) e ogni modello venduto aveva inciso al lato della macchinetta “Il Dagherrotipo”.
La fotografia dopo la scoperta del dagherrotipo dilaga, i proprietari di quest’invenzione fotografavano tutto quello che trovavano davanti, emozionandosi per la scoperta straordinaria.
Gli scatti assumevano ancora più importanza perché erano unici, venivano riprodotti direttamente su una lastra che a seconda dell’angolo in cui veniva visualizzata si notava il positivo o il negativo.
Daguerre ottenne grazie alla sua invenzione una pensione vitalizia di 6000 franchi l’anno, concessa dal Re di Francia per la sua scoperta, ed è considerato tutt’ora il vero padre della fotografia. Ma perché si chiama dagherrotipia?
Il nome della tecnica deriva dal cognome del suo inventore principale, Daguerre, e dal greco “tupos”, che significa “impressione”. La tecnica fu presentata per la prima volta all’Académie des Sciences di Parigi nel gennaio del 1839 e fu immediatamente riconosciuta come un’importante innovazione tecnologica.
La dagherrotipia si diffuse rapidamente in Europa e negli Stati Uniti e divenne molto popolare durante la seconda metà del XIX secolo. Fu utilizzata soprattutto per la produzione di ritratti, ma fu anche utilizzata per la fotografia di paesaggi, architetture e oggetti d’arte.
Con l’avvento della fotografia su carta e della fotografia a colori, la dagherrotipia cadde in disuso, tuttavia, rimane una tecnica fotografica importante nella storia della fotografia, perché ha aperto la strada alla creazione di immagini fotografiche permanenti e ha permesso di catturare dettagli molto fini. Inoltre, ha avuto un impatto significativo sulla cultura visiva del XIX secolo, contribuendo a diffondere la pratica della fotografia tra il grande pubblico.
Come si fa e quanto vale
Qui di seguito vi illustriamo passo a passo come fare un dagherrotipo:
- Lucidare e pulire una lamina per renderla il più possibile riflettente
- Esporre questa lastra di argento o di rame ai vapori del bromo o dello iodio (a seconda della scuola di pensiero, sono entrambi dei reattivi agli alogeni) Il vapore creerà una superficie di alogenuro d’argento
- Inserire la lastra nella fotocamera e scattare la foto
- Si sottoespone la lastra ai vapori di mercurio per effettuare lo sviluppo della foto
- Lavare via dalla lastra i residui di ioduro d’argento con una soluzione di tiosolfato di sodio.
La storia ci insegna che è tutto in continua evoluzione, soprattutto il mondo della fotografia che cambia e migliora giorno dopo giorno. Il passaggio avvenuto tra il dagherrotipo originale ed una macchina fotografica è stato talmente tanto ampio che è inutile fare un paragone.
Quanto vale oggi un dagherrotipo? I prezzi record superiori a $ 30.000 sono stati pagati per isingoli dagherrotipi all’asta. In un’asta di Sotheby’s del 1988, un gruppo di 11 dagherrotipi vennero venduti a più di $ 50.000. Un ritratto comune di un individuo sconosciuto in condizioni pulite generalmente valgono fino a $ 30
Sebbene i dagherrotipi siano immagini uniche, potrebbero essere copiati “ri-dagherrotipizzando” l’originale. Le copie sono state prodotte anche mediante litografia o incisione. Possono essere scansionati digitalmente ovviamente.
Il dagherrotipo aveva due vantaggi rispetto al processo cartaceo di Talbot. In primo luogo, il dagherrotipo era cristallino, mentre le immagini di Talbot non erano nettamente definite perché le imperfezioni nel negativo di carta riducevano la qualità della stampa finale.
In secondo luogo, il processo di Daguerre era liberamente disponibile al pubblico (il governo francese aveva dato a Daguerre una pensione a vita), mentre Talbot brevettava la sua invenzione e addebitava commissioni per la licenza del suo utilizzo.