10 film che hanno vinto l’Oscar per la miglior regia, ma non come miglior film

A pochi giorni dalle nomination, rivediamo quali sono stati i 10 cineasti (e relativi film) premiati come miglior regia agli Oscar, ma non per il migliore film

Spesso le cerimonie dei premi Oscar hanno riservato delle sorprese inaspettate per i candidati e il pubblico, soprattutto al momento di due statutette tra le più ambite di sempre.

Inoltre le settimane che precedono la cerimonia dei Premi Oscar solitamente è dedicata agli attori, registi e film che non sono riusciti a vincere l’ambita statuetta.

Nella storia degli Academy Awards sono stati diversi i candidati rimasti a bocca asciutta, convinti di essere a un passo dal sentir pronunciare la fatidica frase: “And the Oscar goes to…” (tradotto “E l’Oscar va a…”).

In alcuni casi – molti dei quali eclatanti – l’Academy si è trovata a consegnare il premio come miglior regista ma non come miglior film. Una discrepanza che ha portato pubblico e artisti a storcere il sopracciglio.

A pochi giorni dalle nomination, rivediamo quali sono stati i 10 cineasti (e relativi film) premiati come miglior regia ma non come miglior film.

I film che hanno vinto l’Oscar come miglior regia, ma non come miglior film

Iniziamo con Settimo Cielo (1927), diretto da Franz Borzage. L’anno di questo film dimostra quanto faccia parte della tradizione delle cerimonie dei Premi Oscar, che il premio come miglior regista non combaci con quello come miglior film.

Era il 1929 quando Franz Borzage, si trovò a dirigere Settimo Cielo, una dramma romantico con protagonista uno spazzino che riesce a salvare una giovane donna. I due protagonisti finiscono per innamorarsi fino allo scoppio della Grande Guerra.

Il suo competitor per quell’edizione fu una storia incentrata sulla guerra intitolata Wings del regista William A. Wellman. 

Tuttavia, a differenza dell’altro film, Settimo Cielo riuscì a conquistare ben tre Oscar (a fronte dei cinque per i quali era stato nominato). Per quanto sottovalutato, il film di Borzage in realtà è una storia toccante e interessante da scoprire.

L’uva dell’ira del 1940, diretto da John Ford (nonché uno dei cineasti più apprezzati e premiati dagli Academy Awards con i suoi quattro Oscar vinti come miglior regista), è un adattamento dell’omonimo romanzo di John Steinbeck, premiato con il premio Pulitzer.

La storia è incentrata sulle vicende di una famiglia dell’Oklahoma, costretta a dover abbandonare la loro fattoria, per gravi problemi di povertà. A rendere ancora più opprimente il tutto, le disgrazie causate dalla Grande Depressione.

Nel 1940 a dar del filo da torcere a Ford ci pensò il regista Alfred Hitchcock, al quale venne consegnato il premio come miglior film per Rebecca.

Comunque sia, per Ford fu comunque un anno importante per la sua carriera, portandolo a vincere due premi.

Sicuramente la storia della famiglia contadina meritava un’attenzione particolare, per la difficile condizione esistenziale affrontata – realmente – da migliaia di persone in quel periodo storico.

Questa volta ci spostiamo sul genere western con il film Il tesoro della Sierra Madre diretto da John Huston, uomo di cinema particolarmente apprezzato dalla Hollywood a cavallo tra gli anni ’30 e ’60.

I protagonisti della sua storia, ambientata intorno al 1920, vede due americani costretti a dover cercare lavoro in Messico. Ad arrivare in loro aiuto ci pensa un vecchio cercatore, che si unirà a loro per andare alla ricerca dell’oro presente nelle montagne della Sierra Madre.

Ad aver soffiato il premio Oscar come miglior film, quell’anno ci pensò Amleto di Laurence Olivier, tratto dalla nota tragedia shakespeariana. Per il film di Huston non tardarono ad arrivare altri riconoscimenti, per la precisione tre sulle quattro candidature ricevute.

Quando si parla de Il Gigante è impossibile non catalizzare l’attenzione sulla figura del bello e dannato di Hollywood, conosciuto come James Dean.

La prematura scomparsa dell’attore viene messa ancor più in evidenza se si pensa agli altri due lungometraggi che lo hanno visto coinvolto nel ruolo di protagonista. A differenza dei film prima citati, per Il Gigante avvenne qualcosa di insolito.

Nonostante le 10 candidature, Stevens riuscì a portare a casa solo quella come miglior regista, a favore del rivale Il giro del mondo in 80 giorni, tra l’altro per nulla apprezzato dal pubblico e critica. Un caso più unico che raro, se pensiamo che proprio questo titolo, ancora oggi, risulta il film di riferimento per il 1956.

Se c’è qualcuno che più di altri ha subito il fascino del film Il Laureato quella è stata proprio Hollywood.

Pietra miliare del genere romantico, ad aver conquistato gli spettatori è stata la storia sorprendente, per nulla banale ( soprattutto per quei tempi), dal budget ridotto, al grandioso successo al box office e con un giovane Dustin Hoffman, perfettamente calato nel ruolo del protagonista. Non c’è da stupirsi se ancora adesso è considerato uno dei film più amati di sempre.

Sebbene abbia ricevuto sette nomination, l’unica statuetta d’oro vinta fu quella come miglior regista da Mike Nichols.

Un riconoscimento che si unisce ai tanti pareri positivi, da parte del pubblico e critica, per aver affrontare temi che vertevano sulla sessualità, fine dell’adolescenza ed entrata nell’età adulta, in maniera assolutamente credibile e nella quale potevano rispecchiarsi tutti quei ragazzi coetanei di quel giovane e a tratti impacciato, interpretato da Dustin Hoffman.

Poteva mancare uno spazio dedicato al musical in questa lista? Certo che no! Ed eccoci a parlare del meraviglioso Cabaret diretto da Bob Fosse.

Ambientato nella Berlino degli anni ’30, se fuori si respirava l’imminente ascesa del partito nazista, all’interno del Kit – Kat Club tutti riuscivano a trovare la loro dimensione.

Ed è qui che Sally Bowles (Liza Minnelli), sensuale soubrette del cabaret, decide di portare il timido Brian Roberts (Michael York), arrivato in città come insegnante di inglese. Al contempo, a contendersi il cuore della bella, c’è anche Maximillian Von Heune (Helmut Griem), ricco aristocratico tedesco che si troverà al centro di un triangolo inaspettato.

Purtroppo per Fosse, nel 1972 gli occhi di tutti erano puntati su un capolavoro della cinematografia: Il Padrino, considerato dal primo istante come miglior film americano di sempre.

Ciò non toglie però, che Cabaret riuscì a vincere ben otto su dieci premi Oscar, merito anche di un cast ben amalgamato, una storia irresistibile e brani musicali indimenticabili.

Salvate il soldato Ryan, Il Pianista di Polansky e La La Land

Nel corso della storia dei film di guerra, Salvate il soldato Ryan del regista Steven Spielberg è tra quelli maggiormente apprezzati.

Un gruppo di soldati americani si trova a dover recuperare un soldato paracadutista, seguendo il famoso sbarco in Normandia.

Peccato che nonostante queste premesse, a vincere l’Oscar come miglior film fu Shakespeare in Love. 

La storia narrata nell’Inghilterra elisabettiana per quanto romantica, struggente e sognante forse non era da premiare con un riconoscimento così importante.

Salvate il soldato Ryan offre un ritratto fedele e straziante dei dolori e delle dure prove, che i soldati dovettero affrontare durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nonostante avesse tutte le carte in tavola per vincere in tutte le 11 nomination, ancora oggi non è chiaro per quale motivo, il film non sia stato premiato anche come miglior film, nonostante le 5 stat

E sebbene avesse le carte in tavola per vincere in tutte e 11 le nomination, ancora oggi non è chiaro per quale motivo, il film non sia stato premiato anche come miglior film, nonostante le 5 statuette portate a casa.

Basato sulla storia del musicista polacco Władysławv Szpilman, nel film Il Pianista diretto da Roman Polanski, l’esperienza vissuta dal protagonista interpretato da Adrien Brody è devastante e disperata, con la speranza di potersi salvare dai bombardamenti della Secondo Guerra Mondiale.

Incredibile ma vero, quell’anno a spuntarla come miglior film non fu questo titolo, ma il musical Chicago.

Per chi non lo ricordasse in quel periodo Polanski era braccato dalla polizia americana per le vecchie accuse di violenza sessuale ai danni di una minore avvenuta nel 1977.

Tant’è vero che, rifugiatosi a Parigi dal 1978, a ritirare il premio Oscar al suo posto fu l’amico Harrison Ford.

Una decisione obbligatoria e necessaria per evitare il suo immediato arresto. La sorprendente standing ovation generata dai presenti in sala al momento della sua proclamazione come miglior regista, fu uno dei momenti più discussi della storia degli Academy Awards.

Il bellissimo omaggio di Damien Chazelle alla vecchia Hollywood è riuscito perfettamente con il film La La Land interpretato da Ryan Gosling ed Emma Stone. 

Cosa accade quando un musicista jazz e un’aspirante attrice si incontrano e insieme iniziano a crescere professionalmente? La Los Angeles che fa da sfondo a questa coppia ben assortita, intervallata da dialoghi intensi, brani canti e ballati magnificamente, offre allo spettatore una visione sognante della vita di Mia e Sebastian, ma fatta di alti e bassi.

La La Land con le sue 7 nomination e i suoi 6 premi vinti, ha visto trionfare Chazelle come miglior regista, ma perdendo però l’opportunità di essere decretato come miglior film, a favore di Moonlight.

Tra l’altro, tutti ricorderete il pasticcio che accadde con la consegna della busta sbagliata a Warren Beatty.

Terminato il discorso di ringraziamento dei produttori di La La Land, arrivò la smentita della loro vittoria, informando i telespettatori e i presenti, che si era trattato di un grave errore.

Per concludere c’è Alfonso Cuarón: nel film semi autobiografico ambientato in Messico, il regista ha raccontato la drammatica storia, concentrata in un anno di vita, di una donna di mezza età.

Alla prima visione di Roma (titolo scelto che fa riferimento al quartiere Colonia Roma di Città del Messico) tutti erano convinti nella sua grande potenzialità e nella possibilità di portarsi a casa diversi Oscar.

Un pensiero che non è andato poi così lontano dalla realtà, visto che l’Oscar per la miglior regia è riuscito a vincerlo, ma perdendo per la strada quello come miglior film.

Al suo posto venne premiato il film ispirato a una storia vera intitolato Green Book con Viggo Mortensen e Mahershala Ali.

La potenza emotiva evocata da Roma tuttavia, lo rende ancora adesso uno dei film più intensi della filmografia del regista messicano.