Di recente il direttore della Gliptoteca di Monaco di Baviera ha chiesto la restituzione alla Germania di una delle copie del Discobolo, opera di Mirone di Eleutere
Alcune opere d’arte sono destinate a far discutere due o più nazioni, che ne rivendicano la paternità e il diritto di esporle in uno dei propri musei. Molti italiani, per esempio, non credono che la Gioconda, forse il quadro più famoso mai realizzato da Leonardo Da Vinci, dovrebbe trovarsi nel Louvre di Parigi, e a all’interno del British Museum ci sono tantissime opere provenienti da Paesi che non hanno nulla a che fare con il Regno Unito e che sarebbero ben contenti di potersene riappropriare. Negli ultimi giorni si è acceso un dibattito di questo tipo attorno al Discobolo di Lancellotti, copia in marmo dell’omonima statua in bronzo creata dallo scultore greco Mirone di Eleutere nel 450 a.C. circa. Andiamo a scoprire più nel dettaglio l’opera originale e la controversia che la riguarda la sua replica.
Il Discobolo è l’opera più famosa di Mirone di Eleutere, nonché una delle statue più note al mondo in generale. In molti la considerano uno dei simboli per eccellenza dello sport. Rappresenta, infatti, un atleta in movimento che si prepara a lanciare un disco. Non sono note né la collocazione originaria né le circostanze in cui l’opera fu realizzata.
Quel che è certo è che la statua rappresenta un elogio alla complessità del corpo umano e al funzionamento de muscoli. Il soggetto raffigurato è nudo e sono ben visibili tutte le tensioni causate dal movimento che sta compiendo: il torso ruota verso destra, come la testa, ed è piegato in avanti, mentre il braccio destro è disteso all’indietro, così da poter imprimere maggior vigore al lancio. L’altro arto superiore, invece, poggia sopra il ginocchio della gamba destra, anch’essa piegata. La sinistra si trova più indietro per garantire stabilità ed equilibrio durante il gesto. Nonostante lo sforzo al quale sono sottoposti i muscoli, il volto dell’atleta non mostra segni di sofferenza: traspare, anzi, una grande concentrazione.
Quella che è considerata la copia romana più bella dell’opera, chiamata Discobolo Lancellotti, è al momento esposta nella Capitale al Palazzo Massimo, però non è sempre stato così. Secondo i tedeschi, la statua, rinvenuta sull’Esquilino nel 1781, fu acquistata regolarmente da Adolf Hitler nel 1938 per 5 milioni di Lire. A quel tempo apparteneva al principe Lancellotti, che fu costretto a separarsene per volere di Benito Mussolini, intenzionato a compiacere il Führer, che aveva ammirato l’opera nel corso di una visita a Roma avvenuta in quello stesso anno. Il Discobolo ritornò in Italia dieci anni dopo, in seguito alla conclusione della seconda guerra mondiale. Fu il ministro Rodolfo Siviero a riportare la statua a Roma e a inserirla nella lista delle opere d’arte trafugate dalla Germania nazista.
Di recente il direttore della Gliptoteca di Monaco di Baviera, dove la copia del Discobolo è stata custodita per dieci anni, ha reclamato l’opera tramite una lettera inviata a Stéphane Verger, il direttore del Museo Nazionale Romano. Nella missiva si legge che “il rimpatrio in Italia ha violato la legge” e non manca neppure un riferimento all’opinione legale dello Stato Bavarese.
Intervistato a riguardo dal Corriere della Sera, l’attuale ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha messo in chiaro di non aver alcuna intenzione di restituire il Discobolo al museo bavarese. “Devono passare sul mio cadavere”, ha dichiarato. Ha poi rincarato la dose, auspicando una restituzione della base settecentesca e sottolineando come, secondo lui, la ministra federale della Cultura, Claudia Roth, non sia a conoscenza della richiesta. “Sono certo che la collaborazione tra Italia e Germania, già ottima in tanti campi, migliori in futuro anche quello culturale”, ha concluso.
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