Banksy è uno dei più grandi artisti del nuovo millennio. Ma chi è davvero? E quali sono le sue opere migliori? Scopriamolo
Banksy e la sua street art sono un simbolo di lotta e protesta che fa riflettere sulla società in cui viviamo. Il mistero intorno all’identità dell’artista non fa altro che aumentare il suo successo e la sua fama. Infatti, le persone se lo immaginano proprio così: un uomo incappucciato che si aggira tra le strade delle città di notte e crea dei graffiti che raccontano in modo autentico, spesso crudo e disarmante, il mondo che viviamo.
L’Arte secondo Banksy deve essere di tutti, deve viaggiare tra i continenti, deve parlare tutte le lingue.
Conosciuto in ogni continente, Banksy nel 2010 è stato nominato una delle persone più influenti del mondo dal Time Magazine, alla stregue di Obama e Lady Gaga. Ma scopriamo di più su questo artista senza volto e sul mistero che avvolge la sua figura.
Il vero nome dello street artist britannico è sconosciuto. A partire dal 1974, Banksy è diventato un marchio registrato e a tutelare il suo nome, qualsiasi esso sia nella realtà, ci pensa la Pest Control Office Limited.
I suoi murales parlano di politica, cultura, etica, in modo esplicito attraverso un umorismo nero e, a tratti, feroce.
I motivi del suo anonimato sono principalmente due: il suo spiccato, e a volte scomodo, attivismo politico e il fatto che in Gran Bretagna la pratica dei graffiti e del muralismo venga punita molto severamente. Eppure, ad oggi, esistono alcune ipotesi sulla sua identità.
In un’intervista del 2003 per la Bbc, l’inviato Nigel Wrench, aveva intervistato Banksy e all’artista era scappata un’informazione di troppo che potrebbe svelarci di più su chi si nasconde dietro i suoi graffiti: alla domanda di Nigel “il tuo nome è Robert Banks?” l’artista rispose: “È Robbie”. Ma Robbie chi?
Nel 2008 sul quotidiano inglese Daily Mail è stata avanzata l’ipotesi che Banksy fosse un certo Robin Gunningham e che inizialmente il suo nome d’arte fosse robbing banks, ovvero rapinare le banche, poi fuso in Banksy. Sarà vero? Secondo alcuni no.
Un’altra ipotesi nata negli ultimi anni, infatti, associa l’artista di murales al mondo della musica, identificandolo come Robert del Naja, ovvero lo storico membro della band britannica Massive Attack.
In 30 anni di attività dell’artista ovviamente le ipotesi sulla sua identità non sono mancate, e anche in Italia abbiamo una nostra teoria sull’identità dell’”artista che si è fatto fantasma”, che poi è anche il titolo della monografia dedicata a Banksy uscita nel 2021 per Giunti, i cui autori sono due curatori d’arte internazionale esperti di street art: Stefano Antonelli e Gianluca Marziani, che parlano così di questo grande artista:
“Un caso esemplare di una notorietà costruita sull’assenza, l’anonimato, sulla negazione del proprio contributo esplicito al dibattito pubblico se non in termini di attivismo creativo”
Entrambi i curatori hanno confermato che il vero nome dell’artista sia proprio Robin Gunnigham, e se lo dicono loro forse dovremmo crederci.
“Siamo stati a Bristol e abbiamo ascoltato molte persone come John Nation che lo ha cresciuto quando lavorava come animatore di una parrocchia di quartiere che sottraeva i ragazzi dalla strada, avviandoli all’arte; abbiamo ascoltato la direttrice del Bristol Museum che lo ha incontrato più volte. A Bristol tutti sanno che lui è Robin Gunningham.”
La verità però è che per quanto si facciano ipotesi, a nessuno importa davvero chi si nasconda dietro il suo nome d’arte: siamo tutti disposti e vivere senza saperlo purché lui continui a lasciarci le sue opere d’arte in giro per le città.
Con Banksy l’Arte non è elitaria o destinata ad un pubblico colto e raffinato, ma diventa di tutti. Non la si ammira in musei pagando il biglietto ma camminando per strada, in vicoli di passaggio attraversati ogni giorno da persone diverse. L’Arte con lui diventa un linguaggio universale che parla anche a chi non ha voce e più di tutto, accende una piccola fiamma nella mente di ogni osservatore.
Questa piccola fiamma si chiama consapevolezza. Ecco cosa sono in grado di fare le sue opere: rendere più persone possibili in giro per il mondo improvvisamente consapevoli di un problema, di una tematica, di un sentimento e fare in modo che ci pensino, anche solo per pochi secondi, e si interroghino su ciò che è rappresentato.
Ma vediamo quali sono alcune delle opere più belle e significativa dell’artista britannico.
Quest’opera raffigura due poliziotti che si baciano ed è diventata un’icona anti-omofobia. Comparsa sul muro di un pub di Brighton nel 2004, ad oggi è possibile ammirarne solo una copia perché l’originale fu venduta ad un privato dal proprietario del pub. Chi lo sa se Banksy sarebbe stato d’accordo con questa decisione…
Questa serigrafia del 1994 riprende una fotografia molto famosa scattata durante la Guerra del Vietnam nel 1972, che ritrae una bambina in fuga dai bombardamenti. Eppure, nell’ interpretazione di Banksy, la bambina è affiancata da Topolino e da Ronald McDonald, due icone della cultura americana che vanno a sostituirsi ai due soldati americani che stavano scortando la bambina nella foto. Coincidenze? Non esistono quando si tratta di Banksy.
“La ragazza con il palloncino” è probabilmente una delle opere più celebri di Banksy ed è comparsa per la prima volta nel 2002. Il murales raffigura una bambina che tende la mano verso un palloncino rosso a forma di cuore, simbolo di innocenza, amore e speranza.
Quest’opera ha suscitato molto scalpore per un episodio verificatosi nel 2018 quando la casa d’aste londinese Sotheby decide di vendere una stampa della Ragazza con il Palloncino a più di 1 milione di dollari, ma dopo pochi secondi la stampa si triturò. Si pensa che sia stato lo stesso Banksy a nascondere un dispositivo nella cornice, azionabile a distanza e che abbia premuto il bottone proprio nel momento in cui il martelletto aveva decretato l’acquirente vincitore, così l’opera è diventata: Love is in the Bin, letteralmente: “L’amore è nel cestino”.
“Il lanciatore di fiori” raffigura un ragazzo manifestante con il volto coperto che sta per lanciare un mazzo di fiori. Quest’opera è stata trovata a Gerusalemme nel 2005 sul muro che separa israeliani a palestinesi. Mai come ora questo graffito dovrebbe farci riflettere…
“Il bambino migrante” è un murales comparso a Venezia poco dopo l’inaugurazione della Biennale d’Arte nel 2019. Il soggetto è un bambino con un giubbotto salvagente e un razzo segnaletico rosso per il soccorso in mare. L’immagine ci fa riflettere, mettendoci davanti a un bambino innocente che chiede esplicitamente aiuto. Si tratta della seconda opera realizzata da Banksy in Italia, la prima risale al 2010 e si può tutt’ora ammirare tra le strade di Napoli: “La Madonna con la pistola” raffigura la Madonna con i contorni di un revolver tracciati sulla testa al posto dell’aureola.
“La ragazza con l’orecchino di perla” è un murales comparso nel 2014 proprio nella città di Bristol. L’opera riprende il celebre dipinto di Jan Vermeer, ma la bella donna con l’orecchino raffigurata da Banksy adesso indossa una mascherina per riprendere uno dei momenti più difficili degli ultimi anni: la pandemia da Covid-19.
Chiunque sia Banksy dobbiamo ringraziarlo per i messaggi su parete che ci ha lasciato, perché ha reso internazionale una delle finalità più importanti dell’Arte: fare riflettere le persone, provocarle e farle diventare improvvisamente consapevoli dei problemi, più o meno nascosti, sotto la cortina di fumo della nostra società.
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