Genio e follia facevano parte di Van Gogh e della sua Arte, ma cosa lo ha portato a tagliarsi un orecchio?
Per Vincent Van Gogh l’arte era una terapia, infatti soffriva di problemi mentali e si dice che sentisse delle voci e arrivasse addirittura a mangiare i colori che utilizzava. Eppure dipingere lo rasserenava, riusciva a zittire le voci nella sua mente e a calmare le sue ansie.
Ecco perché si tratta di uno degli artisti che vanta un catalogo di opere tra i più numerosi: in totale le opere di Van Gogh sono 1600. L’artista aveva questo bisogno impellente di dipingere per potersi sentire meglio e per placare il suo stato mentale. Così, appena finiva una tela, passava subito alla successiva.
Nelle opere di Van Gogh traspare questo turbamento in ogni più piccola pennellata. Lo troviamo anche nella sua opera più famosa “La notte stellata” che sembra rappresentare al meglio il buio che l’artista stava attraversando, il buio che doveva costantemente combattere dentro di lui. Però è innegabile anche la presenza di piccoli sprazzi di luce: le stelle, le stesse che ha immortalato e che per l’artista potrebbero avere un significato importante.
Infatti, così scriveva al fratello Theo in una lettera:
“Ho un terribile bisogno – devo dirlo – di religione. Allora esco di notte per dipingere le stelle”
Nonostante il benessere che l’arte riusciva a infondergli, nel 1890 Vincent Van Gogh arriva a compiere l’estremo gesto di togliersi la vita.
Il 23 dicembre 1888 ad Arles, in Provenza, proprio nella casa dove Van Gogh e Gauguin avevano convissuto da amici e colleghi per una ricerca sul colore, avviene uno degli episodi più discussi della vita di Van Gogh: l’artista si taglia un orecchio.
Ma se già questa sembra un’azione non del tutto convenzionale, quello che ne fece dell’orecchio amputato ci lascia con ancora più domande: lo avvolse in un foglio di giornale e lo recapitò lui stesso ad una donna, probabilmente una prostituta, di nome Rachele.
Quello che il pittore si staccò e inviò alla donna non fu un piccolo pezzo di orecchio come il lobo, bensì l’intero padiglione dell’orecchio sinistro.
A rivelarci l’entità del danno autoinflitto è un disegno fatto da Felix Réy, il dottore che medicò la ferita di Vincent all’ospedale di Arles. Nello schizzo si vede chiaramente che il taglio causò un danno evidente. Lo stesso dottore scrisse che Van Gogh in quel momento “era assalito da allarmi e allucinazioni uditive e per questo si mutilò un orecchio”.
Da sempre si cerca una motivazione in grado di spiegare questo gesto del tutto folle dell’artista.
Negli anni si è discusso molto sulle possibili ragioni e tra le spiegazioni più plausibili troviamo queste due:
L’ipotesi più accreditata però non riguarda litigi o reazioni violente e folli a notizie inattese, ma trova origine nella natura della sua malattia. Schizofrenia o epilessia? Secondo alcuni studiosi non si tratta di nessuna di queste due patologie, da sempre le più accreditate per spiegare lo stato mentale di Van Gogh.
Van Gogh, molto probabilmente soffriva della sindrome di Ménière. Questa è l’ipotesi portata avanti da alcuni studiosi che decisero di analizzare 796 lettere personali scritte da Van Gogh e indirizzate a persone a lui vicine.
Le lettere risalgono al periodo tra il 1884 e il 1890, anno in cui si tolse la vita. Da queste lettere gli studiosi hanno dedotto che probabilmente Van Gogh non soffrisse di epilessia, come si era sempre pensato, e che la diagnosi reale fosse la sindrome di Ménière.
Nelle lettere, infatti, l’artista lamenta delle vertigini accompagnate da vomito e intolleranza ai rumori. Ecco alcune frasi trovate nei suoi scritti che sembrano avvalorare questa tesi:
“Le vertigini sono sempre con me.”
“Ho rinunciato alla speranza che non torneranno, al contrario, dobbiamo aspettarci che di tanto in tanto dovrò affrontarli.”
Questa frase indica che da un episodio all’altro poteva trascorrere un intervallo di tempo privo di sintomi, caratteristica comune nei pazienti affetti dalla sindrome di Ménière.
“La vita trascorre velocemente e il tempo ormai vissuto non ritorna, e sono fermo con il mio lavoro, ed è proprio per questa ragione che sono consapevole che le opportunità di lavorare non si presenteranno di nuovo. In particolar modo nel mio caso, in cui i violenti attacchi distruggono il mio genio e la mia fantasia per la pittura.”
La presenza di questi attacchi di vertigini intermittenti, e la sensibilità dolorosa ai rumori circostanti, potrebbero aver portato Van Gogh al gesto estremo di tagliarsi un orecchio come reazione nervosa e impulsiva durante l’ennesimo manifestarsi della sindrome.
C’è chi pensa che l’episodio autolesionista avesse preannunciato la sua decisione di suicidarsi. Potrebbe essere, infatti, che il gesto di togliersi la vita non fosse altro che l’ennesimo tentativo dell’artista di trovare sollievo dalla sua malattia.
Però, anche il suicidio di Van Gogh porta con sé numerosi dubbi. Infatti, pare che l’artista si sia sparato all’addome e che la pistola non sia mai stata ritrovata… non proprio un modo comune di togliersi la vita, soprattutto se consideriamo la posizione dello sparo.
Esattamente sei mesi dopo la morte del fratello, Theo morì. Probabilmente non sopportando di vivere senza di lui, e nel 1914 il suo corpo fu riesumato e seppellito accanto a quello del fratello Vincent.
La verità è che non sapremo mai cosa successe davvero quella sera del 23 dicembre ad Arles, come non sapremo mai i motivi per cui Van Gogh si tolse in estremo la vita. Quello che possiamo fare è ammirare le opere di questo grande artista e percepire dentro di noi lo stesso sollievo che lui provava nello stendere ogni pennellata.
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