Monet, padre dell’Impressionismo, è l’artista che ha saputo immortalare ogni istante attraverso la luce. Scopriamo le sue opere più belle
Claude Monet nacque il 14 novembre 1840 a Giverny, un piccolo paese vicino a Parigi, e viene considerato il padre dell’Impressionismo: una corrente artistica in grado di rappresentare non più una bellezza classica e perfetta, ma la realtà così come appare ai nostri occhi, con i suoi giochi di luce e il suo mutare nel tempo.
Il destino è stato crudele con Monet. Infatti con gli anni diventò cieco, perdendo progressivamente la capacità di vedere e immortalare la luce, ciò a cui aveva dedicato la sua intera esistenza.
Morì per un tumore polmonare nel 1926, a 86 anni, in pace nel giardino di casa sua a Giverny, che era stato la sua fonte d’ispirazione più grande.
“Altri pittori dipingono un ponte, una casa, una barca…io voglio dipingere l’aria che circonda il ponte, la casa, la barca, la bellezza della luce in cui esistono”.
Le parole di Monet, dette durante un’intervista, sono probabilmente la miglior definizione di Impressionismo che potremmo mai dare, infatti ci sono tutti gli elementi che definiscono questo movimento artistico:
En plein air: non ci troviamo più al chiuso in un atelier a rincorrere la perfezione, ci troviamo catapultati all’esterno, all’aria aperta, a vedere e percepire il mondo attraverso gli occhi degli impressionisti e a cogliere “l’aspetto mutevole della natura”, come piaceva definirlo a Monet.
Non semplici oggetti, ma la luce che li circonda: non importa il significato simbolico degli oggetti che vengono dipinti, quello che importa è come la luce li accarezza e fa mutare il loro aspetto. Per gli impressionisti è questo ciò che bisogna rappresentare: saper cogliere l’attimo, la transitorietà della luce e metterla su tela, come per immortalare con uno scatto ciò che gli occhi stanno guardando.
Nessun contorno: nei quadri di Monet, e in generale in tutte le opere impressioniste, non esiste un contorno. I soggetti, che si tratti di un volto, di un albero o di un ponte, sono realizzati senza tracciare a matita i loro confini ed estremità, questo perché nella vita reale non esistono.
Gli impressionisti introducono un nuovo importante elemento nell’arte: la soggettività.
Secondo gli impressionisti ognuno di noi ha una differente impressione della realtà, ovvero ogni persona possiede una certa sensibilità d’occhio nel percepire luci e dettagli in ciò che osserva, che si tratti di un oggetto, di una persona o di un paesaggio.
L’obiettivo degli impressionisti, quindi, è rappresentare attraverso la pittura questa impressione della realtà, e Monet è stato il primo a regalarci la sua su tela.
Monet, per cogliere l’ impressione dell’attimo, ovvero ogni dettaglio e mutamento di luce, realizzava spesso delle sequenze di quadri, in cui il soggetto rimaneva lo stesso ma a cambiare erano luci e colori.
Per capire il suo modus operandi nel realizzare queste sequenze, basti pensare ad un fotografo di oggi che pianta una fotocamera con scatti automatici su un cavalletto, la lascia immobile a scattare per ore durante la giornata, e coglie nei suoi scatti ogni mutamento di luce di quel punto preciso.
Monet faceva lo stesso disegnando a mano, per cogliere ogni variazione di luce percepita dai suoi occhi.
Per 30 anni Monet dipinse le ninfee del suo giardino, realizzando una sequenza di ben 250 dipinti, nessuno di questi uguale all’altro.
Intonazioni, giochi di luce, riflessi colorati, cambiano in ogni dipinto. Le ninfee di Monet non sono mai uguali tra loro, proprio perché non esiste attimo nella vita che sia uguale al precedente. Non esiste scenario, oggetto, persona che resti immutata: la versione che vediamo ora sarà sempre unica e non tornerà mai più.
La luce baciava le ninfee sempre in modo diverso, esaltando un aspetto, una sfumatura, un riflesso che Monet sapeva non sarebbe mai tornato. Ecco allora il senso di quelle sequenze: mostrare l’istante, la bellezza del mutare della realtà.
Per Monet la bellezza era temporanea, bisognava essere in grado di coglierla, immortalarla e in qualche modo catturarla nella tela prima che svanisse e si trasformasse in qualcos’altro.
Le ninfee non sono l’unico soggetto che Monet rappresentò in sequenza, infatti rappresentò in serie anche la Cattedrale di Rouen, alloggiando in una stanza che affacciava proprio sulla cattedrale, per potersi sedere alla finestra ogni giorno e rappresentarla in ogni suo luminoso dettaglio.
Per quanto le ninfee di Monet siano sicuramente tra le opere più rappresentative dell’arte di Monet e dell’intero Impressionismo, non sono le uniche opere degne di nota dell’artista francese.
Vediamo insieme alcuni dei suoi dipinti più belli che, ancora oggi, ci regalano un’immagine luminosa di ciò che i suoi occhi e le sue mani hanno voluto immortalare per noi:
Colazione sull’erba – 1866, Musée d’Orsay, Parigi
In quest’opera Monet riprende l’omonimo quadro del collega impressionista Manet, ma la differenza principale tra i due quadri sta nell’esecuzione. Infatti, Monet realizza gran parte dell’opera en plein air, per poi terminarla nel suo studio. Quest’opera è una delle prime realizzate da Monet e ci sembra abbastanza lontana dal suo stile futuro. Infatti, ritroviamo ancora dei residui di realismo: i soggetti sono più nitidi e realistici, percepiamo meglio i contorni e ci risulta troppo definito, come se il soggetto del quadro non fosse ancora la luce ma l’oggetto/le persone rappresentate.
Impressione, levar del sole – 1872, Musée Marmottan Monet, Parigi
Una delle tele più famose di Monet, raffigura l’alba al porto di Le Havre, una città portuale della Normandia. Un luogo che Monet conosceva bene e che probabilmente aveva ammirato spesso godendosi i suoi giochi di luce. Infatti, a soli cinque anni, Monet si trasferì a Le Havre con la sua famiglia per il lavoro del padre, che si occupava proprio di fornire merci alle navi.
Quest’opera del 1872 è la prima opera d’arte ufficialmente impressionista: ciò che ci affascina e ci fa rimanere senza parole non è più il soggetto, ma come la luce lo avvolga e lo renda in qualche modo più vivo e poetico. Monet non rappresenta gli oggetti, rappresenta sensazioni attraverso la luce. E in questo primo quadro dà un assaggio dell’intera epoca impressionista di cui si fa pioniere e padre.
La Grenouillère – 1869, Metropolitan Museum of Art, New York
Un piccolo ristorante in riva alle acque della Senna, persone che trascorrono una giornata di sole in compagnia mentre i riflessi dell’acqua e il riverbero, ci danno un assaggio della maestria di Monet nel rappresentare la luce. Niente disegno, solo colore, luce e dinamicità delle pennellate.
Siamo ancora una volta en plein air ad ammirare la luce che rende vivo un luogo. Si dice che questo fosse il ristorante dove Monet e il suo amico e collega Renoir amassero ritrovarsi.
L’acqua era uno dei soggetti preferiti da Monet, proprio grazie alla capacità di questo elemento di giocare con la luce ed esaltarla. A questo proposito un altro amico di Monet, Emile Zola, scrisse: “In lui, l’acqua è profonda, soprattutto vera”.
I papaveri – 1873, Musée d’Orsay, Parigi
In questo quadro si può ammirare un vasto campo di papaveri ad Argenteuil, a nord di Parigi. È un pomeriggio estivo, il sole è alto nel cielo e scalda il prato che stanno percorrendo due donne e due bambine. Le figure risultano come delle silhouette perfettamente integrate alla natura circostante.
Claude Monet ha saputo cogliere il valore del tempo regalandoci degli istanti unici su tela, ci ha mostrato il mutare della bellezza della natura ricordandoci che ogni secondo che viviamo non sarà mai uguale al precedente o a quello che lo seguirà. Perciò dobbiamo essere in grado di percepirne la bellezza quando si presenta a noi, perché la bellezza è sempre in divenire.
L’arte di Monet ricorda in qualche modo un famoso aforisma di Eraclito: Panta Rei, tutto scorre: tutto si muove, nulla resta fermo.
Nessun uomo può bagnarsi nello stesso fiume per due volte,
perché né l’uomo né le acque del fiume saranno gli stessi.
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