Cinefili italiani – e non: c’è un titolo imprescindibile che accostereste al cinema del Bel Paese? Speriamo di averlo incluso nel nostro elenco dei film più belli di sempre
Impossibile stilare un elenco esaustivo dei film italiani più belli di sempre. Per ogni titolo menzionato, si ha l’impressione di essersene dimenticato uno di uguale rilevanza. Nomi di registi, lontani e vicini, riecheggiano nella mente. Performance attoriali così d’impatto da incarnare non un semplice personaggio, ma una essenza di vita catturata dalla cinepresa e destinata a rimanere iconica per sempre. Da Rossellini a De Sica, da Salvatores a Guadagnino, da Wertmüller a Cortellesi.
Il cinema italiano non ha storia. È storia cinematografica. Basti pensare che non c’è anno, non c’è generazione, non c’è genere che non abbia avuto un suo caposaldo. E, possiamo essere un po’ campanilisti su questo, l’Italia può vantare un gioiello in ogni cassetto del cinema, dal dramma alla commedia, dal sentimentale al generazionale. Insomma, un preambolo forse pomposo, forse troppo cerimoniale, ma indispensabile per premettere che, qualsiasi elenco sui film italiani più belli di sempre, lascerà sempre qualcuno insoddisfatto. Quindi, cercheremo di sondare ogni genere e ogni epoca per potere quanto meno dire: il cinema italiano è anche questo.
Toccante capolavoro del neorealismo italiano, Ladri di biciclette è un film diretto da Vittorio De Sica nel 1948, su soggetto di Cesare Zavattini. La trama segue la struggente storia di Antonio Ricci, interpretato magistralmente da Lamberto Maggiorani, un disoccupato, che ottiene a gran fatica un lavoro come attacchino di manifesti del cinema. Tuttavia, quella che sembrava una svolta verso un futuro migliore, prende una piega drammatica quando la sua bicicletta, riscattata dalla famiglia dal banco dei pegni, gli viene rubata proprio mentre incolla un manifesto di Gilda. A questo punto, Antonio, insieme al figlio Bruno diventa protagonista di un’odissea disperata attraverso le strade di una Roma postbellica, in cui la bicicletta rappresenta non solo un mezzo di trasporto, ma la chiave per il riscatto umano e sociale. Il film cattura in maniera abile la disperazione di una classe sociale emarginata, offrendo uno sguardo penetrante sulla condizione umana ed evidenziando le sfumature di giustizia e ingiustizia in un contesto sociale difficile, senza mai perdere di vista la speranza e il bisogno di dignità.
Altro film iconico della cinematografia italiana, Nuovo Cinema Paradiso è un film diretto da Giuseppe Tornatore, rilasciato nel 1988, che celebra l’amore per il cinema e la potenza della memoria. La trama segue la vita di Salvatore Di Vita, interpretato da Salvatore Cascio da bambino e Marco Leonardi da adulto, cresciuto in un piccolo villaggio siciliano negli anni ’40 e ’50. La sua storia si intreccia con quella di Alfredo, il proiezionista del cinema locale, interpretato da Philippe Noiret, che diventa una figura paterna e una guida per il giovane Salvatore. Il film si intreccia alla narrazione della loro straordinaria amicizia e il passaggio di Salvatore dall’infanzia all’età adulta. Nuovo Cinema Paradiso evoca con nostalgia il potere magico del cinema e il modo in cui le pellicole possono catturare e influenzare le nostre vite. La bellezza del film risiede nella sua capacità di toccare il cuore degli spettatori, ricordando loro l’importanza della passione, dell’amicizia e della memoria nel contesto del cinema. La colonna sonora emozionante di Ennio Morricone contribuisce a creare un’atmosfera unica, che rende il film un inno indelebile alla magia del cinema e alle relazioni che plasmano le nostre vite. Nuovo Cinema Paradiso è un’ode affettuosa alla settima arte che continua a ispirare gli amanti del cinema in tutto il mondo.
Capolavoro diretto da Luchino Visconti nel 1960, Rocco e i suoi fratelli è un epico racconto familiare che esplora le dinamiche complesse e le sfide sociali che una famiglia deve affrontare quando si trasferisce dalla campagna milanese in cerca di una vita migliore. La trama segue la storia della famiglia Parondi, composta dai cinque fratelli Rocco, Simone, Ciro, Luca e Vincenzo, interpretati rispettivamente da Alain Delon, Renato Salvatori, Spiros Focás, Max Cartier e Rocco Vidolazzi. Il film cattura la cruda realtà dell’urbanizzazione, con i fratelli che si trovano ad affrontare la violenza, la povertà e le passioni nella frenetica Milano degli anni ’60. Il personaggio di Rocco incarna la bontà e la rettitudine in contrasto con l’oscuro percorso di suo fratello maggiore Simone, che rimane immischiato nel mondo del pugilato, e nel quale troverà un rivale nella tumultuosa storia d’amore con l’ex prostituta Nadia. Visconti attraverso la sua regia attenta e le potenti performance del cast, esplora temi universali come l’amore, la lealtà familiare e la lotta per la sopravvivenza in una città in trasformazione. Rocco e i suoi fratelli è un’opera straordinaria che continua a essere celebrata per la sua profondità emotiva, la sua critica sociale e la sua capacità di catturare l’essenza della condizione umana in un contesto di rapido cambiamento.
Per la regia di Gabriele Salvatores nel 1991, Mediterraneo è un affascinante ritratto di umorismo e umanità ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film segue le vicende di un gruppo di soldati italiani, provenienti da varie regioni d’Italia, che vengono inviati su un’isola greca per sorvegliare l’area, nel primo periodo bellico in cui l’Italia è ancora alleata della Germania nazista. Tuttavia, dopo la firma dell’armistizio nel 1943, i soldati italiani, ignari del cambiamento di scenario, continuano la loro routine isolata, come se fossero in una sorta di vacanza forzata. Il regista cattura magistralmente la varietà delle personalità dei soldati, ognuno con le proprie peculiarità, e il modo in cui affrontano la solitudine e la monotonia dell’isola deserta. A suo modo, Mediterraneo è una celebrazione della diversità culturale e della capacità umana di trovare gioia e umorismo anche nelle circostanze più insolite e difficili, ma anche del disincanto che emerge nel crollo degli ideali e delle aspettative nutrite dalla guerra. Il film ha guadagnato il plauso internazionale, vincendo l’Oscar per il Miglior Film in Lingua Straniera nel 1992, e rimane una gemma del cinema italiano contemporaneo.
Roma, città aperta, diretto da Roberto Rossellini nel 1945, è una pietra miliare del neorealismo italiano che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema. Ambientato durante l’occupazione nazista di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale, il film segue le vicende di gruppo di persone coinvolte nella resistenza antifascista. La storia si concentra su personaggi come Manfredi, interpretato da Marcello Pagliero, un leader della resistenza, Pina, interpretata da Anna Magnani, fidanzata con un partigiano, e il sacerdote Don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi, che offre rifugio ai perseguitati dal regime. La pellicola si distingue per la sua cruda rappresentazione della vita quotidiana durante un periodo di oppressione e guerra, catturando la sofferenza umana e l’eroica resistenza dei cittadini. Rossellini utilizza uno stile documentaristico e una fotografia realistica per immergere gli spettatori nell’atmosfera cupa e drammatica dell’epoca. Il film finirà per rimanere impresso nella memoria di tutti proprio per un suono: l’urlo disperato di Pina che corre dietro al camion sui cui i tedeschi stanno portando via il suo uomo. Quel “Francesco!” urlato prima di venire falciata da una raffica, sarà il grido che sveglierà le coscienze degli spettatori e diventerà sinonimo di un cinema italiano d’autore.
Capolavoro diretto dal re degli spaghetti western Sergio Leone nel 1984, C’era una volta in America è un’epica e complessa opera cinematografica che esplora la natura dell’amicizia, della vendetta e della memoria. Il film segue la vita di Noodles, interpretato da Robert De Niro, e del suo amico Max, James Woods, attraverso le strade del quartiere ebraico di New York nell’era del proibizionismo. La trama si sviluppa in modo non lineare, con salti avanti e indietro nel tempo, rivelando le intricatissime relazioni tra i personaggi e il loro coinvolgimento in attività criminali. Leone dipinge un affresco epico della vita americana, sottolineando la fragilità e l’ingiustizia del sogno americano attraverso il lento declino del quartiere e dei suoi personaggi principali. La colonna sonora struggente di Ennio Morricone e la regia magistrale di Leone catturano l’atmosfera di un’epoca passata, mentre il film affronta temi universali di perdita, rimpianto e il prezzo della criminalità.
La vita è bella, diretto e interpretato magistralmente da Roberto Benigni nel 1997, si distingue come un capolavoro unico che mescola sapientemente commedia e dramma nel contesto tragico dell’Olocausto. La trama segue la storia di Guido, un cittadino italiano ebreo deportato insieme al figlio Giosuè in un campo di concentramento nazista. Fin dall’inizio, Guido adotta un approccio straordinario per proteggere il suo piccolo Giosuè dalla durezza e dal terrore del campo, riuscendo a far credere al bambino che tutto sia un elaborato gioco a premi. L’ironia e l’amore che Guido riversa sul figlio diventano il cuore pulsante del film, offrendo una potente rappresentazione della resilienza umana e dell’amore incondizionato anche nelle circostanze più estreme. La Vita è Bella è stato insignito con tre premi Oscar, tra cui Miglior Film Straniero, Miglior Attore Protagonista assegnato a Benigni e Migliore Colonna Sonora attribuita a Nicola Piovani, consacrando il film come un’opera straordinaria che affronta con coraggio e sensibilità uno degli eventi più bui della storia umana.
Matteo Garrone trasforma il libro di Roberto Saviano, Gomorra, in un’opera cinematografica che getta una luce cruda e bruciante sulle intricate dinamiche della camorra italiana. Il regista apre il sipario su un mondo dove la luce artificiale di una lampada del barbiere illumina gli affari loschi dei camorristi, svelando il lato oscuro di una società sottomessa alla criminalità organizzata. Nella trama si intrecciano storie diverse, ognuna a suo modo affondo nell’abisso nero del mondo mafioso. Il primo protagonista, Pasquale (Salvatore Cantalupo), un abile sarto d’alta moda, si trova intrappolato nell’ingranaggio di un sistema che lo sfrutta, obbligandolo a pagare il pizzo con il poco guadagno che riesce a ottenere. Il suo incontro con l’imprenditore cinese Xian offre un piccolo momento di rivalsa, aprendo nuove prospettive in una vita altrimenti segnata dall’oppressione camorristica. A Scampia, Totò, a soli tredici anni, deve farsi strada tra le faide tra gli scissionisti e il clan Di Lauro per sopravvivere nel pericoloso mondo mafioso. Nel frattempo, Franco (Toni Servillo), un imprenditore senza scrupoli, ha trovato un modo ingegnoso per smaltire rifiuti tossici, coinvolgendo Roberto in attività immorali e pericolose. Cresciuti con il mito di Scarface, Marco e Ciro ‘Pisellino’ sono due giovani delinquenti che sfidano le regole dei camorristi, cercando di mettersi in proprio e ignorando le inevitabili conseguenze. Garrone, con maestria, dipinge un quadro sconvolgente della società camorristica, evidenziando la complessità e la brutalità del sistema che tiene in pugno la vita quotidiana dei suoi personaggi.
Jep Gambardella, un sublime Toni Servillo, il protagonista di La Grande Bellezza, è un personaggio complesso e affascinante. Scrittore di un solo libro, “L’apparato umano”, Jep trascorre le sue giornate nel cuore pulsante di Roma, circondato da una galleria eccentrica di amici e conoscenti. Giornalista di costume, critico teatrale e opinionista dai molti talenti, in occasione dei suoi sessantacinque anni celebra con una festa barocca, che rispecchia il suo stile di vita decadente. Il film di Paolo Sorrentino, come molte opere ambiziose, si avventura nella descrizione di Roma, svelando il suo cuore nero e dando vita a una serie di personaggi unici e stravaganti. La pellicola esplora il carnevale grottesco della città eterna, un mondo spesso privo di pietà, dove Jep incarna la figura centrale, seducendo e fustigando con la sua lingua affilata, la sua intelligenza acuta e la sua ironia disincantata. Sorrentino, con la sua regia magistrale, scoperchia il vaso di pandore della Roma bene, rivelando i fantasmi che la animano, creando una ronde impietosa e affascinante che si muove tra i colonnati, i palazzi nobiliari e le chiese barocche.
Diretto da Luca Guadagnino nel 2017, Call Me by Your Name è una commovente esplorazione dell’amore e della scoperta di sé ambientata nella cornice del nord Italia nei primi anni ’80. Il film segue la storia di Elio Perlman, interpretato da Timothée Chalamet, un giovane di diciassette anni, colto e sensibile, che trascorre l’estate nella villa di famiglia. La sua vita tranquilla subisce una svolta quando Oliver, uno studente americano interpretato da Armie Hammer, arriva per lavorare con il padre di Elio, un professore di archeologia. La pellicola cattura con delicatezza l’evoluzione dei sentimenti tra Elio e Oliver, esplorando la complessità dell’attrazione, dell’identità sessuale e delle prime esperienze amorose. Guadagnino crea un’atmosfera avvolgente e sensuale, sottolineata dalla magnifica colonna sonora e dai panorami mozzafiato, trasmettendo al pubblico l’intensità e la dolcezza di questa storia di amore estivo. Call Me by Your Name è un viaggio emozionante attraverso la bellezza della scoperta di sé e delle relazioni, e rimane un film apprezzato per la sua sensibilità, la sua autenticità e le straordinarie performance del cast. Un’ode all’innamoramento e ai sentimenti vissuti nella loro purezza, condensata nelle illuminanti parole del padre di Elio: “Come vivrai saranno affari tuoi, però ricordati: il cuore e il corpo ci vengono dati soltanto una volta e, in men che non si dica, il tuo cuore è consumato e, quanto al tuo corpo, a un certo punto nessuno più lo guarda e ancor meno ci si avvicina. Tu adesso senti tristezza, dolore. Non ucciderli, al pari della gioia che hai provato”.
Diretto da Luigi Comencini nel 1953, Pane, amore e fantasia è un classico della commedia all’italiana che incarna il fascino e la vivacità del cinema italiano dell’epoca. Il film è ambientato in un piccolo paese dell’Italia meridionale e segue le vicende di Antonio Carotenuto, interpretato da Vittorio De Sica, un commissario del governo inviato per far rispettare l’ordine durante il periodo del dopoguerra. Subito, Carotenuto rimane affascinato dalla giovane Maria, cui presta il volto Gina Lollobrigida, detta “la bersagliera”, a sua volta innamorata di un carabiniere veneto troppo timido per dichiararsi. Ma all’attempato dongiovanni non è indifferente neanche Annarella, una schiva levatrice cui comincia a fare la corte, finendo col vedere in lei la donna più adatta a sé. La pellicola è intrisa di umorismo, intrighi romantici e situazioni comiche, con De Sica e Lollobrigida che regalano interpretazioni brillanti. Pane, amore e fantasia cattura il pubblico con la sua raffinata combinazione di commedia, romance e satira sociale, offrendo uno sguardo affettuoso e divertente sulla vita di provincia e sulle dinamiche umane. Il film è diventato un’icona del cinema italiano classico, celebrato per la sua capacità di mescolare il divertimento leggero con riflessioni più profonde sulla vita e sull’amore.
Il film Fantozzi, diretto nel 1975 da Luciano Salce e basato sui racconti umoristici di Paolo Villaggio, introduce il pubblico al personaggio di Ugo Fantozzi, divenuto ormai un’icona della commedia italiana. Interpretato magistralmente da Villaggio, Fantozzi è un impiegato goffo e sfortunato, costantemente vessato dall’ambiente lavorativo presso la Megaditta, un’azienda che diventa teatro delle sue disavventure quotidiane. Il film, con il suo umorismo surreale e l’irresistibile comicità di Villaggio, offre uno sguardo esilarante e spesso grottesco sulla vita di Fantozzi, tra i tentativi di affermarsi in ufficio, le umiliazioni subite dal capo, le vicissitudini familiari e gli insuccessi amorosi. Il personaggio di Ugo Fantozzi, un impiegato squattrinato e sfortunato, è diventato un simbolo del mondo lavorativo e delle contraddizioni della società italiana. Attraverso una serie di situazioni esilaranti, Fantozzi incarna la figura dell’anti-eroe, costantemente vittima delle circostanze e delle sopraffazioni dell’ambiente in cui vive e lavora. Ogni film della saga fantozziana contribuisce a plasmare il mito un anti-eroe apprezzato per la sua capacità di rappresentare in modo esagerato e satirico le ansie e le frustrazioni della vita quotidiana, diventando un’icona duratura della commedia italiana.
Ricomincio da tre, diretto da Massimo Troisi, al suo esordio alla regia, nel 1981, è una commedia brillante e struggente che offre uno sguardo umoristico e riflessivo sulla condizione umana. Il film segue le vicende di Gaetano, interpretato proprio da Troisi, un giovane timido e impacciato che vive a San Gregorio a Cremano, circondato dalla famiglia e dalle amicizie di sempre. Quando capisce che anche per lui è arrivato il momento di cambiare aria, decide di fare le valigie e trasferirsi presso la zia a Firenze. Qui incontra Marta, giovane infermiera con la passione per la scrittura, per la quale nasce un interesse ricambiato. A movimentare le sue giornate si uniscono un parroco amico della zia, Frankie, e il suo vecchio amico Lello, che lo raggiunge al nord. Ricomincio da tre può essere considerato il punto di partenza della narrativa sull’amore attraverso gli occhi sensibili di Massimo Troisi, uno dei grandi artisti napoletani. Nelle opere successive del regista, l’amore emerge come un tema centrale, dipinto con sfumature di sofferenza, incertezza e incomunicabilità, intervallate da fugaci sprazzi di felicità costantemente minacciati da un’insoddisfazione persistente. Tuttavia, in fondo a questa narrativa malinconica, l’amore nel film si trasforma in un atto di accettazione reciproca, riflettendo il sentimento che, nonostante le sfide, permane in modo indelebile.
In Amici miei Mario Monicelli regala al pubblico un affresco vivace e surreale di quattro amici intorno ai cinquant’anni, ciascuno con il desiderio ardente di preservare la gioventù e immergersi in una vita picaresca. Questo quartetto, composto da individui quanto più eterogenei possibile, si ritrova periodicamente per scatenare zingarate, avventure ribelli e scherzi audaci. Dallo schiaffeggiare i passeggeri di un treno al seminare il caos in un villaggio travestendosi da tecnici stradali, fino a diventare spacciatori di droga per mettere alla prova l’ingordigia di un pensionato, questi amici non conoscono limiti nella loro sete di divertimento. Anche la morte non riesce a fermare la loro goliardia, con il gruppo pronto a prendersi in giro l’uno l’altro attraverso supercazzole e arguzie senza fine. Monicelli, con la sua maestria unica, prende in prestito il soggetto originariamente concepito da Pietro Germi, dando vita a un’opera che mescola abilmente umorismo grottesco e satira sociale. Amici mieiè una commedia iconica che cattura l’essenza della ribellione contro la monotonia dell’età adulta, offrendo al pubblico una panoramica irresistibile di amicizia, follia e irriverenza.
Del 1963, 8½ è uno dei capolavori più celebrati di Federico Fellini. Il film è una profonda esplorazione dell’anima umana, della creatività e della crisi artistica attraverso la figura di Guido Anselmi, interpretato da Marcello Mastroianni, un regista in crisi alla ricerca dell’ispirazione per il suo prossimo lavoro. La narrazione mescola abilmente realtà e sogno, portando lo spettatore in un mondo onirico e surreale in cui i confini tra la vita e la finzione si sfumano. 8½ è noto per il suo stile visivo e narrativo innovativo, dal momento che Fellini sperimenta l’uso della fantasia e dei ricordi del protagonista per costruire una storia complessa e ricca di simbolismo Con una colonna sonora memorabile composta da Nino Rota e un cast eccezionale, 8½ è un’opera d’ arte che continua ad affascinare e ispirare gli amanti del cinema in tutto il mondo, consolidando il suo status di capolavoro del cinema italiano e mondiale.
Bianco, rosso e Verdone, film diretto e interpretato da Carlo Verdone nel 1981, è una commedia italiana che si costruisce attraverso un viaggio esilarante per l’Italia, seguendo le avventure di tre personaggi distinti, tutti impersonati dal poliedrico regista. In occasione delle nuove elezioni, a trama segue le vicende di alcuni elettori, temporaneamente lontani dai loro comuni di residenza per motivi di lavoro, che si preparano a fare ritorno a casa per esercitare il diritto di voto. Da Monaco di Baviera, parte Pasquale, un materano con la passione per le auto sportive, determinato a godersi una rimpatriata coi fiocchi dopo aver sopportato per anni la cucina orrenda della moglie tedesca. Dall’altra parte, da Torino a Roma, si mette in viaggio Furio, accompagnato dalla moglie Magda e dai due figli. Furio, ometto pignolo e senza fantasia, è solito programmare tutto al secondo, sia che si tratti di un viaggio in auto sia della vita di famiglia, esasperando la povera consorte. Infine, da Verona, rientra a Roma Mimmo, giovane ingenuo con la mente di un bambino, accompagnato da sua nonna, una donna obesa e acciaccata, ma ricca di senso dell’umorismo. Il viaggio di ognuno di questi personaggi offre uno sguardo divertente e pittoresco sulle diverse sfaccettature della società italiana, impreziosito dalle peculiarità di ognuno mentre si prepara a compiere il loro dovere civico.
Diretto da Lina Wertmüller nel 1975, che le fa guadagnare il titolo di prima donna a essere candidata al Premio Oscar alla Miglior Regia, Pasqualino Settebellezze offre una sorprendente esplorazione della complessità umana e delle sfide morali. Interpretato magistralmente da Giancarlo Giannini nel ruolo del protagonista Pasqualino Frafuso, il film segue le vicende di un guappo alla ricerca di rivalsa, coinvolto suo malgrado in una serie di eventi spesso grotteschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Pasqualino, inizialmente un donnaiolo senza scrupoli, viene arrestato e inviato in un campo di concentramento tedesco dove, per sopravvivere, è costretto a compiere azioni moralmente discutibili. Il soprannome di “Settebellezze” si riferisce alle sette donne della sua vita che rappresentano, in qualche modo, il suo passato e la sua coscienza. Wertmüller, con la sua regia audace e una scrittura provocatoria, affronta temi come la sopravvivenza, la degradazione umana e la redenzione. Il film è noto per la sua combinazione unica di dramma, commedia nera e satira sociale, catturando l’attenzione dello spettatore con una storia intensa e complessa.
Diretto da Paolo Virzì, La prima cosa bella racconta la storia di Bruno Michelucci, un’insegnante di lettere di Milano, che vive una vita segnata da insoddisfazione e inquietudine, oppresso dalla sua fidanzata. Il suo mondo è pervaso dai ricordi di un’infanzia romantica e dalla presenza dominante della madre, Anna, una donna estroversa, ormai malata terminale. Dunque, Valeria, la spigliata sorella di Bruno, si propone di riavvicinare il fratello alle radici e al passato, convincendolo a seguirla in un viaggio a ritroso nel tempo verso Livorno. Le “stazioni” del loro viaggio ripercorrono la vita straordinaria di Anna, una donna bellissima e esuberante che, nonostante sia stata moglie di un padre possessivo e distante, ha attraversato le sfide della vita con un sorriso e l’intenzione di essere la migliore madre possibile. La sua vita, scandita da lavori di fortuna come domestica, segretaria, ragioniera e aspirante attrice, è stata segnata dalla forza di volontà e dalla disponibilità nei confronti della vita. Nel corso del film, Virzì dipinge con maestria un ritratto della famiglia come cuore della commedia all’italiana, immergendo il figlio di Bruno, interpretato da Valerio Mastandrea, nei fantasmi del passato, alla ricerca del suo posto nel mondo. Il personaggio di Anna emerge come l’elemento centrale, incarnando una femminilità autentica e una libertà dai pregiudizi che sfida le convenzioni, rendendo La prima cosa bella un’opera toccante e autentica nella tradizione della commedia italiana.
Per la regita di Gabriele Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot è la storia di Enzo Ceccotti, un anonimo abitante di Tor Bella Monaca, che cerca di tirare a campare compiendo furti di poco conto, sperando di sfuggire alla giustizia. La sua vita prende una svolta inaspettata quando, durante una fuga dalla polizia, si ritrova immerso nel Tevere e entra accidentalmente in contatto con materiale radioattivo. Emergendo dall’abisso, improvvisamente Enzo si rende conto di possedere forza e resistenza sovraumane. Mentre cerca di comprendere il suo cambiamento e di trarne vantaggio per migliorare la sua vita finanziaria, Roma è nel caos a causa di attacchi terroristici orchestrati da clan che minacciano la città. Nel frattempo, una giovane vicina di casa, ossessionata dalla serie animata Jeeg Robot, si rivolge a Enzo con l’illusione che lui sia un eroe dotato di poteri straordinari. La minaccia crescente e la necessità di un difensore portano Enzo ad affrontare una nuova realtà, trasformandolo da un individuo anonimo a un possibile salvatore nella tumultuosa lotta per il controllo della città. Ciò che rende unico Lo chiamavano Jeeg Robot è la sua capacità di mescolare la tradizionale trama dei film suoi supereroi con una narrativa italiana autentica, mantenendo una serietà rispettosa nei confronti del genere. La citazione al genere classico si ritrova nel percorso di crescita del protagonista, che attraverso colpa e redenzione, matura la consapevolezza di un obbligo morale, conferendo al film una straordinaria profondità emotiva.
Perfetti sconosciuti, film diretto da Paolo Genovese nel 2016, è una commedia psicologica che esplora il lato oscuro delle relazioni e delle segrete insidie che si nascondono dietro le apparenze. La trama si svolge durante una cena tra amici di sempre, che decidono di condividere ogni messaggio e chiamata ricevuti sui loro telefoni cellulari con l’intera tavolata. Quello che inizia come un gioco innocente si trasforma rapidamente in una spirale di rivelazioni scioccanti, svelando i segreti più intimi, le bugie e i tradimenti che gli amici si sono nascosti reciprocamente. Il film offre uno sguardo acuto e spesso impietoso sulla natura umana, mettendo in luce il divario tra l’immagine pubblica e la realtà privata. La tensione crescente e le dinamiche interpersonali intricatamente intrecciate tengono gli spettatori incollati allo schermo, mentre il cast eccezionale, composto da attori del calibro di Marco Giallini, Alba Rohrwacher e Kasia Smutniak, offre performance che rendono il film un’esperienza avvincente e riflessiva.
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